22 ottobre 2024


Legge Gozzini

28 settembre, 2008 by Agata Romeo - Psicologo  
Categoria: Leggi, Psicologia Penitenziaria

carcere.jpg (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 agosto 1975 n. 212, S.O.)

NORME SULL’ORDINAMENTO PENITENZIARIO E SULLA ESECUZIONE DELLE MISURE PRIVATIVE E LIMITATIVE DELLA LIBERTA’.

TITOLO I

Trattamento penitenziario

CAPO I

Principi direttivi

Art. 1

Trattamento e rieducazione

Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.

Il trattamento é improntato ad assoluta imparzialità, senza discriminazioni in ordine a nazionalità, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose.

Negli istituti devono essere mantenuti l’ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari.

I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.

Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva.

Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.
… … …

Art. 4

Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati.

I detenuti e gli internati esercitano personalmente i diritti loro derivanti dalla presente legge anche se si trovano in stato di interdizione legale.

Art. 4-bis

Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti.
1. Fermo quanto stabilito dall’art. 13-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, nella legge 15 marzo 1991, n. 82, l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio, e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI della legge 26 luglio 1975, n. 354, fatta eccezione per la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo nonché per i delitti di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale, 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 e all’art. 74, decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborano con la giustizia a norma dell’art. 58-ter. Quando si tratta di detenuti o internati per uno dei predetti delitti, ai quali sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dagli articoli 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, o 114 del codice penale, ovvero la disposizione dell’art. 116, secondo comma, dello stesso codice, i benefici suddetti possono essere concessi anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata. Quando si tratta di detenuti o internati per delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale ovvero di detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma del codice penale, 291-ter del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 416 realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I e dagli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies del codice penale nonché dall’art. 12, commi 3, 3-bis e 3-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e all’art. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 80, comma 2, del predetto testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, i benefici suddetti possono essere concessi solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.
2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale può essere chiamato a partecipare il direttore dell’istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto.
2. bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1, quarto periodo, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.

3. Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne dà comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 è prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali.
3. bis. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d’iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.
… … …

CAPO III

Modalità del trattamento

… … …

Art. 17
Partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa

La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degli internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all’azione rieducativa.

Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con l’autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l’opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera.

Le persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo dei direttore.

Art. 20

Lavoro

Negli istituti penitenziari devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. A tal fine, possono essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da imprese pubbliche o private e possono essere istituiti corsi di formazione professionale organizzati e svolti da aziende pubbliche, o anche da aziende private convenzionate con la regione.

Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato.

Il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della
colonia agricola e della casa di lavoro.

I sottoposti alle misure di sicurezza della casa di cura e di custodia e dell’ospedale psichiatrico giudiziario possono essere assegnati al lavoro quando questo risponda a finalità terapeutiche.

L’organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale.

Nell’assegnazione dei soggetti al lavoro si deve tener conto esclusivamente dell’anzianità di disoccupazione durante lo stato di detenzione o di internamento, dei carichi familiari, della professionalità, nonché delle precedenti e documentate attività svolte e di quelle a cui essi potranno dedicarsi dopo la dimissione, con l’esclusione dei detenuti e internati sottoposti al regime di sorveglianza particolare di cui all’Art. 14-bis della presente legge.

Il collocamento al lavoro da svolgersi all’interno dell’istituto avviene nel rispetto di graduatorie fissate in due apposite liste, delle quali una generica e l’altra per qualifica o mestiere.

…  … Le amministrazioni penitenziarie, centrali e periferiche, stipulano apposite convenzioni con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire a detenuti o internati opportunità di lavoro. Le convenzioni disciplinano l’oggetto e le condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa, la formazione e il trattamento retributivo, senza oneri a carico della finanza pubblica.

… … I detenuti e gli internati che mostrino attitudini artigianali, culturali o artistiche possono essere esonerati dal lavoro ordinario ed essere ammessi ad esercitare per proprio conto, attività artigianali, intellettuali o artistiche. … … …

Art. 21

Lavoro all’esterno
1. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all’esterno in condizioni idonee a garantire l’attuazione positiva degli scopi previsti dall’articolo 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4- bis, l’assegnazione al lavoro all’esterno può essere disposta dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all’ergastolo l’assegnazione può avvenire dopo l’espiazione di almeno dieci anni.
2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all’esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all’esterno previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria.
3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dello istituto a cui il detenuto o l’internato é assegnato, la quale può avvalersi a tal fine del personale dipendente e del servizio sociale.
4. Per ciascuno condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all’esterno diviene esecutivo dopo la approvazione del magistrato di sorveglianza.
4. bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti e la disposizione di cui al secondo periodo del comma sedicesimo dell’articolo 20 si applicano anche ai detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di formazione professionale all’esterno degli istituti penitenziari.

… … …

CAPO VI

Misure alternative alla detenzione e remissione del debito

Art. 47

Affidamento in prova al servizio sociale
1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato può essere affidato al servizio sociale fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare.
2. Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
3. L’affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto senza procedere all’osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2.
4. Se l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale è proposta dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo dell’esecuzione, cui l’istanza deve essere rivolta, può sospendere l’esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’ammissione all’affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga. La sospensione dell’esecuzione della pena opera sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti, e che decide entro quarantacinque giorni. Se l’istanza non è accolta, riprende l’esecuzione della pena, e non può essere accordata altra sospensione, quale che sia l’istanza successivamente proposta.
5. All’atto dell’affidamento è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
8. Nel corso dell’affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
11. L’affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.
12. L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale.
12. bis. All’affidato in prova al servizio sociale che abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, può essere concessa la detrazione di pena di cui all’art. 54. Si applicano gli articoli 69, comma 8, e 69-bis nonchè l’art. 54, comma 3.
(La Corte Costituzionale con sentenza 5 – 16 marzo 2007 n. 78, in G.U. 1° serie speciale n. 12 del 21 marzo 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 47, ove interpretati nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l’accesso alle misure alternative da essi previste).
Art. 47-bis

Affidamento in prova in casi particolari

(Abrogato)

Art. 47-ter

Detenzione domiciliare … … …

Art. 48

Regime di semilibertà

Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.

I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili.

(Abrogato il terzo comma)

(La Corte Costituzionale con sentenza 5 – 16 marzo 2007 n. 78, in G.U. 1° serie speciale n. 12 del 21 marzo 2007, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 48, ove interpretati nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l’accesso alle misure alternative da essi previste).

… … …

Art. 52

Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà … … …

Art. 54

Liberazione anticipata … … …

TITOLO II

Disposizioni relative alla organizzazione penitenziaria

CAPO I

Istituti penitenziari

Art. 59

Istituti per adulti

Gli istituti per adulti dipendenti dall’amministrazione penitenziaria si distinguono in:
1. istituti di custodia preventiva;
2. istituti per l’esecuzione delle pene;
3. istituti per l’esecuzione delle misure di sicurezza;
4. centri di osservazione.
Art. 60

Istituti di custodia preventiva

Gli istituti di custodia preventiva si distinguono in case mandamentali e circondariali.

Le case mandamentali assicurano la custodia degli imputati a disposizione del pretore. Esse sono istituite nei capoluoghi di mandamento che non sono sede di case circondariali.

Le case circondariali assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni autorità giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario.

Le case mandamentali e circondariali assicurano altresì la custodia delle persone fermate o arrestate dall’autorità di pubblica sicurezza o dagli organi di polizia giudiziaria e quella dei detenuti e degli internati in transito.

Può essere istituita una sola casa mandamentale o circondariale rispettivamente per più mandamenti o circondari.

Art. 61

Istituti per l’esecuzione delle pene

Gli istituti per l’esecuzione delle pene si distinguono in:
1. case di arresto, per l’esecuzione della pena dell’arresto.

Sezioni di case di arresto possono essere istituite presso le case di custodia mandamentali o circondariali;
2. case di reclusione, per l’esecuzione della pena della reclusione.

Sezioni di case di reclusione possono essere istituite presso le case di custodia circondariali.
Per esigenze particolari, e nei limiti e con le modalità previste dal regolamento, i condannati alla pena dell’arresto o della reclusione possono essere assegnati alle case di custodia preventiva; i condannati alla pena della reclusione possono essere altresì assegnati alle case di arresto.

Art. 62

Istituti per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive

Gli istituti per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive si distinguono in:

Colonie agricole;

Case di lavoro;

Case di cura e custodia;

Ospedali psichiatrici giudiziari.

In detti istituti si eseguono le misure di sicurezza rispettivamente previste dai numeri 1,2 e 3 del primo capoverso dell’ articolo 215 del codice penale .

Possono essere istituite:

Sezioni per l’esecuzione della misura di sicurezza della colonia agricola presso una casa di lavoro e viceversa;

Sezioni per l’esecuzione della misura di sicurezza della casa di cura e di custodia presso un ospedale psichiatrico giudiziario;

Sezioni per l’esecuzione delle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro presso le case di reclusione.

Art. 63

Centri di osservazione

Art. 65

Istituti per infermi e minorati 

I soggetti affetti da infermità o minorazioni fisiche o psichiche devono essere assegnati ad istituti o sezioni speciali per idoneo trattamento.

A tali istituti o sezioni sono assegnati i soggetti che, a causa delle loro condizioni, non possono essere sottoposti al regime degli istituti ordinari.

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CAPO IV

Disposizioni finali e transitorie

Art. 79

Minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali. Magistratura di sorveglianza

Le norme della presente legge si applicano anche nei confronti dei minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con apposita legge.

Nei confronti dei minori di cui al comma precedente e dei soggetti maggiorenni che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto le funzioni della sezione di sorveglianza e del magistrato di sorveglianza sono esercitate, rispettivamente, dal tribunale per i minorenni e dal giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni

Al giudice di sorveglianza per i minorenni non si applica l’ultimo comma dell’articolo 68.

… … …

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