Il Segreto professionale, un principio o una scelta?
2 novembre, 2007 by Agata Romeo - Psicologo
Categoria: Deontologia
Da qualche giorno un fatto di cronaca, verificatosi nel palermitano, solleva la questione del segreto professionale. Uno psichiatra ha denunziato personalmente un suo paziente ventitreenne che avrebbe, nell’ambito dei colloqui clinici, raccontato di aver abusato delle nipotine minorenni. Giornali come la Repubblica riportano “…un giorno ha preso carta e penna e ha scritto una sorta di confessione al suo psichiatra, quasi chiedendo aiuto. Di avere usato violenza alle sue nipotine, quattro bambine dai tre agli otto anni, era perfettamente cosciente, probabilmente anche turbato; ma al medico che lo aveva in cura ha anche candidamente confessato di non riuscire proprio a dominare quegli impulsi che lo prendevano ogni volta che si trovava in casa con le piccole. E così lo psichiatra ha deciso di sacrificare il segreto professionale davanti all’incolumità delle quattro bambine ed è andato a denunciare il suo paziente”.
Pare si trattasse, quindi, di un giovane affetto da disturbi psichici, che aveva già intrapreso un percorso clinico e che chiedeva aiuto allo psichiatra a cui si era affidato.
Il professionista di questa vicenda ha preferito denunziare alle Autorità il caso, un’azione, questa, che solleva diverse questioni. Può un terapeuta denunziare il proprio cliente? Il segreto professionale costituisce un vincolo tale da non consentire il “render noto” alle Autorità neanche in casi ritenuti “gravi”? Rendere testimonianza può esporre lo psicologo ad incorrere nel reato di “rivelazione di segreto professionale”?
La Legge N° 56 del 1989 Art. 4 riconosce allo psicologo l’obbligo del segreto professionale. Secondo il Codice Deontologico (art.4) lo psicologo o lo psicoterapeuta, deve agire sempre rispettando la dignità del paziente, i suoi valori, credenze, opinioni e non opera discriminazioni riguardo a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale.
Ci si può avvalere di metodi e tecniche diverse purchè si salvaguardino tali principi.
Il diritto alla riservatezza, nell’ambito delle prestazioni professionali, è fondamentale, è il primo passo verso la costruzione dell’alleanza terapeutica col paziente. Lo è ancor più se si considerano gli articoli 11 e 12 del Codice Deontologico degli psicologi. Secondo il primo “Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti (si fa riferimento agli art. 12- 13- 15).
L’articolo 12 recita: “Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale.
Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso”.
Il Codice Deontologico non è tuttavia l’unico riferimento normativo (lo è per la categoria dei professionisti a cui si riferisce), occorre anche considerare l’aspetto giudiziario, nello specifico l’Art. 622 C. P., che impone di rivelare il segreto professionale solo “per giusta causa” e, solo in tale circostanza, il professionista è dispensato dalla responsabilità penale.
La tutela del paziente è al di sopra di ogni priorità, pertanto c’è da chiedersi se la questione etica il professionista deve porsela ancor prima che si presenti un caso quale quello di una presunta o accertata pedofilia?
La questione è molto seria, la funzione del segreto professionale è quella di consentire alle persone di accedere al professionista in sicurezza, se si mettesse in discussione il principio della fiducia chi vorrebbe accedere agli studi di psicologi e psicoterapeuti per “curarsi”?