Tipologie psicologiche della sopraffazione
10 luglio, 2009 by Prof. Gennaro Iasevoli
Categoria: Danno Psichico
L’individuo, pur nella “civilissima” civiltà occidentale, subisce oggi una crescente pressione operata da fenomeni abbastanza seri e pericolosi per lo sviluppo psicologico e la vita normale.
I nomi di questi fenomeni pericolosi e criminali sono diventati ultimamente noti anche alle persone che non hanno studiato le tipologie comportamentali:
1) Contraffazioni (diffusione di oggetti contraffatti e pericolosi, imitazioni di prodotti senza valore spacciati e venduti a caro prezzo a persone ignare, come se fossero originali).
2) Discriminazioni rispetto al genere, la razza, lo stato culturale e socioeconomico, l’età e la disabilità: comportano assenza di pari opportunità rispetto allo studio, al lavoro, al tempo libero, all’assistenza, ai servizi ed all’inclusione sociale.
3) Harassment vuol dire molestare, infastidire, assillare, tormentare, opprimere, perseguitare in modo spiacevole od anche violento con parole o con attacchi fisici a scopo di :
a) rapina (per effettuare la sottrazione di oggetti),
b) razziale per colpire la dignità di un individuo in base al colore della pelle, alla razza, alla religione impedendogli l’inclusione sociale e la fruizione dei servizi,
c) molestare i colleghi sul luogo di lavoro per allontanarli o sottometterli e sfruttarli,
d) molestie sessuali (sexual harassment): colpire la dignità di un individuo il suo genere sessuale e i suoi orientamenti sessuali, per annientarlo, allontanarlo, oppure sottometterlo ai propri voleri.
4) Microcriminalità: diffusione per le strade di ragazzi, muniti di armi artigianali (lame, taglierini, pistole giocattolo modificate), che passano la giornata a rubare soldi ed oggetti ai passanti, anche con rapine effettuate in maniera minacciosa e criminale.
5) Mobbing sul luogo di lavoro – da parte del capo -: sorveglianza continua, sottovalutazione del merito, critica ingiustificata, indisponibilità all’ascolto, isolamento, esclusione dai premi, trattamento umiliante, accuse infondate, umiliazione con grida e minacce, spostamenti, degrado ambientale, limitazione degli strumenti di lavoro e dei materiali di consumo, blocco delle promozioni.
6) Stalking. Etimologicamente il termine rappresenta il cacciare (andare a caccia della persona da trovare) pertanto oggi lo si usa per dire: appostare, pedinare nascostamente, accostare furtivamente o di soppiatto, seguire stando in agguato, inseguire ripetutamente dal proprio appostamento la vittima prescelta, controllare tutti i movimenti, entrare nelle abitudini di una persona in maniera assillante, tormentare e molestare attraverso un contatto intrusivo ed assillante, che può sfociare in situazioni patologiche e criminogene.
Lo stalking non viene scoperto subito e non viene capito chiaramente dalle vittime nella sue degenerazioni patologiche e criminali, perché nasce lentamente dopo una frequentazione amicale od affettiva; la persona si accorge di essere diventata vittima di stalking (“caccia”, “appostamento”, “limitazione”) soltanto quando la sua giornata ormai è tempestata da intrusioni ossessive (obsessional relational intrusion), modifiche, costrizioni, offese e minacce (criminal harassment) da parte di un estraneo.
Proprio per arginare il grave fenomeno criminale (stalking) il 23 febbraio 2009, col Decreto legge del numero 11, riportato dalla Gazzetta Ufficiale del 25 febbraio 2009 (ma non ancora divenuto Legge) è stato introdotto un articolo (al 612 bis) nel codice penale, che prevede la punizione della persecuzione “stalking”, mediante la reclusione, da sei mesi a quattro anni, di chiunque, minaccia o molesta continuativamente una persona in modo da procurargli “un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto”.
7) Vessazioni: pressioni, angherie, maltrattamenti, tormenti, oppressioni, soprusi, persecuzioni, a mezzo di parole, scritti, telefonate, sguardi, immagini, menzogne, interventi sull’ambiente, sottrazioni, dileggiamenti, danneggiamenti fisici.
Prof. Gennaro Iasevoli
Docente di Psicologia Giuridica
Università Parthenope Napoli
Facoltà di Giurisprudenza