10 dicembre 2024


Crimini informatici e psicologia giuridica

6 marzo, 2008 by Agata Romeo - Psicologo  
Categoria: Abuso sessuale

ragnatela   La nascita di internet si deve alla realizzazione di una strategia che, nel periodo della guerra fredda fra USA e URSS, avrebbe consentito una valida alternativa alla comunicazione telematica, qualora un suo danneggiamento l’avesse resa necessaria. Con il trascorrere del tempo le evoluzioni della storia hanno destinato questa “comunicazione alternativa” all’uso comune che, grazie ai costi della strumentazione (hard disk e software) e della linea telefonica sempre più contenuti ne hanno consentito una diffusione più estesa.
La tecnologia dell’informazione e lo sviluppo della comunicazione hanno creato nuove opportunità nel settore, economico, aziendale, sanitario, ecc tuttavia, parallelamente, si sono “creati” anche nuovi reati.
Oltre ai diritti fondamentali della Costituzione Italiana sono emersi nuovi beni giuridici da tutelare pertanto, la magistratura italiana, si è trovata in serie difficoltà dovendo fronteggiare nuove condotte criminose. Insieme ai problemi della protezione dei sistemi informatizzati, diffusione abusiva di codici di accesso, impedimento o intercettazione di comunicazioni, accesso abusivo ai sistemi, violazione della privacy ecc, uno dei reati che interessa la psicologia giuridica è quello della pedofilia esercitata in Rete. Se si considera internet ed il suo potere intrinseco si capisce bene come il far viaggiare una notizia da un capo all’altro del mondo in tempo reale renda ancora più intricata ed allarmante la problematica della pedofilia “classica”.
I soggetti affetti da tale disturbo, annoverato nel DSM IV fra le parafilie, possono agevolmente visionare siti e scambiare materiale dal contenuto pedo-pornografico, mantenere l’anonimato e adescare minori. La tecnologia può essere utilizzata, quindi, in modo “criminoso” anche avvalendosi di webcam o creando, mediante software specifici, bambini virtuali da usare nei circuiti frequentati dai pedofili. Le chat line sono il mezzo più pericoloso usato per irretire i minori giacchè, escludendo il rapporto faccia a faccia, viene eliminato qualsiasi ostacolo (per l’adescatore adulto) determinato dal canale non-verbale, in special modo dalla discrepanza notevole di età, mentre le parole digitate sulla tastiera (che spesso contengono informazioni false date dall’adulto) padroneggiano.
Si parla continuamente, specie fra gli psicologi, delle caratteristiche cliniche del pedofilo e, proprio recentemente, anche i politici propongono nuovi piani per arginare tale problematica. A mio avviso però ad uno psicologo che si occupa di psicologia giuridica, occorre aggiornarsi e conoscere anche come il diritto che disciplina questo genere di reato.
Documenti quali la Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui diritti del bambino e  la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, adottata dall’Assemblea Generale il 20 novembre 1959, hanno affrontato il tema dei diritti dei bambini considerati individui da proteggere e che necessitano di particolari cure. E’ però solo dopo la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, adottata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York (ratificato dal Parlamento italiano due anni dopo- Legge n° 176 del 27 maggio 1991), che si riconosce al fanciullo la piena tutela, e a seguito della Conferenza mondiale di Stoccolma, adottata  il 31 agosto del 1996, che in Italia il legislatore decide di introdurre nuove norme. La legge del 3 agosto 1998 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, punisce chi compie attività sessuali con i minori o alla loro presenza, l’incitamento alla prostituzione minorile, la diffusione della pedo-pornografia. Questa legge in particolare, introduce nel Codice Penale nuove figure di reato. L’applicazione della legge si estende anche ai fatti commessi da cittadino italiano all’estero. Tuttavia la legge, pur individuando quale materiale pedo-pornografico quello in cui vi è sfruttamento di minore, non effettua una definizione precisa lasciando così dei “margini di interpretazione”.
Una delle difficoltà affrontate in sede giudiziaria è la valutazione di un’immagine. Spesso risulta difficoltoso accertare la reale esistenza di un minore poiché questi può essere stato elaborato al computer oppure si potrebbe trovare solo parti del corpo o, ancora diventa difficoltoso dalla sola fotografia poter risalire all’età cronologica esatta di un soggetto. E’ possibile utilizzare il corpo di un giovane appena maggiorenne che però ha caratteristiche fisiche e/o sessuali poco sviluppate tanto da lasciar intendere a chi guarda che si tratti di un minore.
Per tutelare ancor più i minori sul versante “sfruttamento sessuale” grazie agli sviluppi conseguenti la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, tenutasi nel novembre 2001, e la Decisione quadro del dicembre 2003, il legislatore italiano ha approvato la legge n. 38 del 6 febbraio 2006 “Disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedo-pornografia anche a mezzo Internet” che dispone il divieto dell’uso di immagini virtuali di minori o di parti del corpo, in contesti reali o artificiali che siano molto simili alla realtà.
Occorre aggiungere inoltre che delinque anche colui il quale non “agisce” direttamente sul minore ma chi assume condotte di distribuzione, divulgazione, diffusione e pubblicizzazione  di materiale pedo-pornografico. Costui viene punito con una pena meno grave, da uno a cinque anni e multa da 5 a 100 milioni delle vecchie lire, rispetto a chi sfrutta i minori per realizzare materiale, produce e commercia (pena dai 6 ai 12 anni di reclusione e multa dai 50 ai 500 milioni delle vecchie lire).
Il diritto risulta apparentemente molto più “cavilloso” della psicologia basti considerare il concetto di diffusione. Se, infatti, il materiale dal contenuto pedo-pornografico è fruibile da un numero imprecisato di utenti (condividere file o cartelle con emule, pubblicare su un sito ecc.) sarà un reato ritenuto più grave che aver scambiato con un amico una e-mail con allegato “vietato”.
Sfruttare un minore di anni 18 equivale a usare (non necessariamente a fini di lucro) la persona o la sua immagine come mezzo per trarre vantaggi di qualsiasi genere, offendendolo e non rispettando una delle sfere più fragili della personalità, quella sessuale.